Con un (ennesimo) provvedimento d’urgenza, il Consiglio dei Ministri, nella seduta 75 del 2 maggio 2022, ha concesso la tanto invocata proroga in relazione agli interventi “superbonus 110%” su unità immobiliari effettuati da persone fisiche (edifici unifamiliari): sarà possibile beneficiarne a condizione che alla data del 30 settembre 2022, non più del 30 giugno, siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo.
Se tre mesi posson bastare…per discriminare
Tre mesi in più concessi a distanza di due mesi dalla precedenza scadenza, ma che si riveleranno per lo più inutili, considerato che generalmente nei mesi estivi di luglio e agosto l’edilizia si ferma (basti pensare, ad esempio, alle località turistiche, dove vige lo stop ai cantieri dal 15 giugno al 30 settembre) e tenendo a mente che il 70% dei lavori dovrà essere completato entro il 31 dicembre 2022.
Non si può non notare, poi, la palese discriminazione in danno delle villette unifamiliari rispetto ad altre tipologie costruttive. Giova ricordare che la Legge n. 234/2021 (Legge di Bilancio 2022) aveva sostituito all’art. 119 del Decreto Rilancio il comma 8-bis prevedendo 3 eccezioni al termine del 30 giugno 2022:
- 31 dicembre 2025 (con decalage di aliquota: 70% nel 2024 e 65% nel 2025) per i condomini e gli edifici plurifamiliari posseduti da persone fisiche, Onlus, ApS, AdV (comma 9, lettere a) e d-bis), art. 119 del Decreto Rilancio);
- 31 dicembre 2022 per gli interventi effettuati su edifici unifamiliari, a condizione che alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo (comma 9, lettere b), art. 119 del Decreto Rilancio);
- 31 dicembre 2023 per gli interventi effettuati da IACP e dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa a condizione che al 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo (comma 9, lettere c) e d), art. 119 del Decreto Rilancio).
Per le unifamiliari, invece, prima è stato fissato il termine del 30 giugno, che fino a un mese fa sembrava inderogabile, ed ora è arrivato il contentino del rinvio al 30 settembre.
Ulteriore variante è costituita dal fatto che per calcolare il 30% si fa riferimento all’”intervento complessivo” e vanno considerati non solo gli importi che superano i vari limiti di spesa ammessi al bonus (come avviene per il SAL del 30% nel caso di cessione del credito o dello sconto in fattura), ma anche gli importi agevolati con altri bonus diversi dal 110% (ad esempio, il bonus casa) o quelli non fiscalmente agevolati (come, ad esempio, una manutenzione ordinaria non assorbita nell’intervento superiore).
La proroga risulta pressoché inutile anche perché, nel mentre, le continue modifiche al meccanismo delle cessioni hanno progressivamente comportato una diminuzione della liquidità di tutto il settore, ricco di crediti fiscali, ma povero della liquidità necessaria per acquistare materiale, pagare dipendenti e professionisti, vanificando, così, quel rilancio che costituiva, oltre che lo scopo, il nome di battesimo del decreto 19 maggio 2020, n. 34, che in due anni è stato modificato “solo” 15 volte.
I quesiti inevasi, il dubbio regna sovrano
Restano, poi, totalmente inevasi i drammatici quesiti di coloro che, per errore incolpevole, hanno subito lo scippo del superbonus da parte di imprese senza scrupoli, le quali, dopo aver carpito il loro consenso facendo sottoscrivere contratti che promettevano lavori di efficientamento da pagarsi con la cessione del credito, non hanno eseguito alcuna opera o solo una parte, salvo poi abbandonare i cantieri.
Possono riattivare la pratica?
Potranno essere rimessi in termini?
Subiranno l’azione di recupero del Fisco come qualsiasi altro contribuente infedele, pur essendo vittime?
Il Fisco, si sa, è come il banco del casinò: non può perdere mai. Tuttavia, anche il Fisco dovrebbe rispondere ai principi di equità e giustizia sui quali si fonda l’interno nostro ordinamento giuridico.
Dopo due anni e 15 modifiche, con cantieri ancora aperti, professionisti che hanno investito in polizze assicurative e Xanax per riuscire a star dietro alle continue giravolte legislative, non è minimamente accettabile sentire il Premier dichiarare, come nulla fosse, “non siamo d’accordo sulla validità di questo provvedimento”. Se questo provvedimento, voluto dal governo e poco importa di quale colore, ha creato problemi, compete al governo, e poco importa di quale colore, risolverli. Abbandonare la nave alla Schettino non è un’ipotesi contemplabile e, qualora venisse tale tentazione, basterà citare il celeberrimo comando del comandante De Falco.
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