Con la previsione di cui all’art. 28 del decreto-legge n. 4 del 7 gennaio 2022 (c.d. “Decreto Ristori ter”), il Governo ha inteso porre un freno definitivo ad una lunga (e imbarazzante) sequela di abusi operati con il ricorso ai meccanismi di gestione dei crediti fiscali.
L’effetto distorsivo di regalie economiche indiscriminate da parte dello Stato italiano è evidente: se l’accesso alla liquidità è estremamente facile e gli importi più che generosi (ricordiamo, infatti, che alcuni operatori offrivano importi superiori al 100%, nel caso di gestione “in autonomia” dei crediti), l’occasione “fa l’uomo ladro”.
Non si intende, in questa sede, ripercorrere la quotidiana rassegna stampa di arresti e incriminazione per frodi connesse alla gestione dei crediti fiscali, ma intendiamo – per quanto possibile – valorizzare l’operato del Governo.
Si, perché – forse in modo inconsapevole – la strada tracciata è quella giusta.
L’originaria previsione (luglio 2020) che prometteva l’accesso al credito fiscale e la sua più che facile monetizzazione era, obiettivamente, insostenibile.
Gli originari ritardi connessi all’obbligo di verifica della conformità urbanistica (del resto, anche gli uffici pubblici erano e sono soggetti ad organico ridotto causa COVID…), si è passati ad una semplificazione che ha assunto i tratti (imbarazzanti) del disinteresse alla legittimità.
Il (temuto) aumento della domanda ha fatto lievitare i prezzi dei materiali, dei ponteggi, del personale, con conseguenti ricarichi eccessivi sul committente finale e l’adozione di importi non conformi con quelli contenuti nei prezzari, cui si è posto rimedio con l’introduzione del Decreto Frodi (decreto legge n. 157/2021), successivamente “assorbito” nella manovra di bilancio per l’anno 2022.
Il danno era stato, però, ormai fatto: ridondanti operazioni di cessione dei crediti, frazionati e venduti tanto da rendere impossibile ogni forma di controllo.
Da qui i dubbi (legittimi) dell’Agenzia delle Entrate: ma questi soldi, esistono davvero?
Essendo impossibile ricostruire l’intero flusso di cessioni, si è ritenuto di porvi un limite, confidando che – limitando le operazioni ad una sola, unica, cessione – sarebbe possibile ricostruire (e, quindi, verificare) la legittimità del credito stesso.
Ovviamente, l’effetto della previsione è stato quello opposto: tutte le operazioni di cessione sono state oggetto di blocco da parte degli operatori finanziari, bancari e non solo.
La questione solleva una serie di riflessioni, che – in realtà – portano a ritenere che, al momento, il legislatore stia percorrendo una strada corretta (vincolare le cessioni del credito per limitare le frodi), omettendo ogni opportuno intervento in relazione al “General Contractor”, principale centro di gestione degli interessi economici e finanziari di ogni operazione.
Manca, ad oggi, una disciplina organica e razionale che assicuri un controllo effettivo sul soggetto che andrà a maturare (e quindi gestire) il credito fiscale: il General Contractor, appunto.
Appare più che legittimo e in linea con lo spirito della normativa (se non, addirittura, doveroso) l’introduzione di meccanismi di controllo preventivo sugli operatori interessati alla gestione dei crediti fiscali.
Detti controlli potranno comprendere l’analisi della sostenibilità finanziaria dell’impresa, potendosi estendere alla verifica della solidità anche delle (eventuali) aziende sub-appaltatrici o socie costitutive del GC.
Inoltre, la cessione unica del credito fiscale maturato potrà essere gestita correttamente dal General Contractor solo nell’ipotesi in cui il Governo vari una riforma organica che sia funzionale a riallineare (superandole) le posizioni espressa dall’Agenzia delle Entrate (che, con i suoi interpelli, ha chiaramente manifestato disappunto e diffidenza).
Al contrario, nell’imminente futuro, salvo modifiche alla disciplina, diventerà essenziale porre in capo al GC l’integrale gestione dei crediti derivante dall’operazione, totalizzando anche quelli relativi ai professionisti incaricati delle fasi “preliminari” (verifiche di conformità, rilievi, APE ante e post intervento, relazione di fattibilità), di progettazione, ma anche dell’esecuzione (direzione lavori, coordinamento sicurezza e asseverazione), al fine di assicurare una gestione univoca e coordinata dell’intervento nella sua totalità.
La questione non è, evidentemente, di “facile e pronta soluzione”, comportando uno specifico impegno a carico del legislatore al fine di regolamentare un settore complesso e (fin troppo) articolato, nel quale – fino ad oggi – si è intervenuti solo “per correggere” gli effetti (distorti) di un’iniziativa assunta senza adeguata ponderazione.
Ne consegue che sarà essenziale, per il buon esito delle future cessioni, ripensare interamente la disciplina partendo da un progetto chiaro, che presenti obiettivi determinati, evitando l’adozione “alluvionale” di interventi correttivi tra loro non coordinati.
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Scusate se il mio commento potrà sembrarvi troppo netto, ma la tesi sostenuta nell’articolo è sbagliata dalle fondamenta. La strada tracciata dal governo è completamente errata. Non si vede la piena e totale responsabilità di Agenzia delle Entrate per le truffe perpetrate? Eppure è talmente chiara! Con la creazione e soprattutto cedibilità dei crediti d’imposta AdE è diventata creatrice di moneta corrente. Un credito d’imposta emesso ed accreditato nel cassetto fiscale di un contribuente ha la valenza di una valuta virtuale, può essere scambiato (poteva) in transazioni tra più soggetti ed ha un valore intrinseco in valuta corrente. L’emittente NON PUO’ trattare la sua creazione come un momento soggetto a revisione, soprattutto perchè quando la norma ne consente la circolazione, una sua eventuale revoca interessa il primo beneficiario e non tutti gli altri soggetti coinvolti nelle cessioni. Agenzia delle Entrate invece dal primo momento l’ha trattata come un beneficio temporaneo soggetto a controlli successivi alla emissione. Sarebbe bastato invece inserire nella fase di creazione dei crediti d’imposta, il modello AdE Comunicazioni Opzioni, tre campi di controllo: il codice SDI della fattura elettronica, il CRO del bonifico a saldo fattura, il codice ATECO della società emittente. Il primo ed il secondo garantiscono l’esistenza dell’operazione e la piena conoscenza del committente, la seconda consente di selezionare la tipologia di attività della società emittente per scartare le operazioni incongrue (tipo dettaglio di frutta e verdura che fattura lavori di ristrutturazione edile ad un privato). In ultimo, pur operando io da general contractor (in italiano primo firmatario) trovo improria, inopportuna ed anche abbastanza ingenua la da voi sostenuta tesi che debba essere portata in capo a questi l’integrale gestione dei crediti derivante dall’operazione, totalizzando anche quelli relativi ai professionisti incaricati delle fasi “preliminari” (verifiche di conformità, rilievi, APE ante e post intervento, relazione di fattibilità), di progettazione, ma anche dell’esecuzione (direzione lavori, coordinamento sicurezza e asseverazione), al fine di assicurare una gestione univoca e coordinata dell’intervento nella sua totalità. Da sempre proprio la centralizzazione delle operazioni rende più semplice creare truffe con operazioni poco trasparenti, mentre la sua parcellizzazione in capo a più soggetti che operano direttamente ognuno per le proprie competenze e con responsabilità dirette crea un meccanismo di controllo reciproco che tende a sterilizzare eventuali operazioni improprie.
Gentile Giuseppe, grazie per il commento. Molto interessante e stimolante.
Tuttavia, come molti suoi “colleghi” (termine messo tra virgolette perché non hanno assolutamente il Suo grado di competenza e di attenzione alla questione…) hanno dimostrato, quando il General Contractor (in italiano: Contraente Generale) non gestisce l’operazione in modo unico e coordinato, si ingenerano decine di “frazioni di credito”, che diviene impossibile tracciare e di cui è impossibile dimostrare l’origine.
Di conseguenza, alcuni intermediari – incapaci di comprendere il procedimento e la relativa complessità – non richiedevano documentazione di supporto e, soprattutto, non hanno mai chiesto una documentazione di “fine lavori”, contribuendo al verificarsi degli innumerevoli casi di creazione di crediti inesistenti e fraudolenti.
Al contrario, la proposta che qui si lancia vuole valorizzare le realtà come la Sua – strutturata, organica e competente – evitando l’assalto alla diligenza da parte di tanti (troppi) piccoli soggetti incapaci di gestire le operazioni.
La valorizzazione del ruolo di “General Contractor” potrebbe rappresentare, quindi, la strada per garantire l’accesso alla gestione dei fondi a soggetti realmente capaci di gestire le operazioni in modo professionale e serio, come accade nel settore pubblico (da cui, peraltro, si stanno attingendo tutte le esperienze operative).
Quanto alla “tracciabilità”, avendo introdotto uno “sconto sul corrispettivo”, porta a non avere alcun riferimento bancario per l’operazione, che dovrà essere – necessariamente – tracciata tramite una “blockchain documentale” predisposta dal cedente e acquisita dal cessionario.
Purtroppo, ripetendomi, molti cessionari NON hanno mai chiesto tutta la documentazione posta alla base del credito, ingenerando le ƒrodi di cui – purtroppo – leggiamo ormai quotidianamente.
Allo stesso modo, tanti piccoli soggetti – seppur specializzati nel proprio campo – non sono in grado di gestire l’eccessiva mole di documenti da produrre…
Ancora una volta, ecco la centralità del General Contractor, valorizzato nel suo ruolo di coordinamento delle operazioni e di gestione della documentazione.
Ovviamente, l’Agenzia delle Entrate è di diverso avviso… serve quindi un serio cambio di prospettiva da parte di tutti gli attori istituzionali, con la necessaria acquisizione di concreta conoscenza del settore da parte del Governo, che non può continuare a cambiare le “carte in tavola” ogni settimana… Cosa ne pensa?
Una cosa è certa non si può ogni giorno un cambiamento di idee che servono a mettere in sola crisi quel soggetto che ha affidato i lavori a piccole imprese, questo era nello spirito del 110 che per coloro non capienti nelle detrazioni potevano esercitare la cosiddetta cessione del credito. Sono stati investiti molteplici soggetti preposti al cont okloq