Immaginatevi di essere condòmini di un parco molto “bon ton” situato in una delle location più amate e meravigliose d’Italia e di scoprire, in un giorno di fine estate, che in un appartamento ivi adibito a “casa vacanza” si svolge il mestiere più antico del mondo, il meretricio.
Sconcerto, rabbia e per alcuni versi paura pervadono il condominio. Sarà proprio vero? Esistono motivazioni certe? E allora, cosa fare?
Prima di addentrarci nel merito della fattispecie è d’uopo precisare che nel nostro diritto la prostituzione è lecita, e pertanto chiunque è libero di offrire le proprie prestazioni sessuali in cambio di un corrispettivo. Di converso, lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione costituiscono illecito ex art. 3 legge 75/1958, denominata Legge Merlin.
Ebbene, i condòmini venuti a conoscenza che all’interno del condominio viene svolta l’illecita attività, prima facie, ricorrono all’amministratore il quale – in tale situazione – ha pochi poteri ma non può esimersi dal trovare una qualche soluzione nel momento in cui a richiederla è l’assemblea di condominio.
Al momento, l’unica vera fonte a cui attingere rimane esclusivamente il regolamento condominiale, perché esso – nei confronti dei condòmini – pone limitazioni, generali o particolari, relativamente all’utilizzo delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Ma la previsione regolamentare del divieto di svolgere l’attività di escort in condominio, nonché della locazione di immobili per l’esercizio di tale professione, può effettivamente realizzarsi apportando modifiche alle norme interne dell’Ente, pur risultando – le stesse – eticamente fuori luogo, sproporzionate, e oltretutto lesive della parità di genere?
La fattispecie, infatti, si verifica sempre più frequentemente, perché con l’avvento della legge 96 del 21.06.2017, art. 4, hanno preso piede i cosiddetti affitti brevi di immobili ad uso residenziale, con le relative pertinenze, o di singole stanze dell’abitazione. Il condòmino locatore, pertanto, concedendo per brevi periodi l’immobile non apporta alcun cambiamento della destinazione d’uso residenziale dell’immobile cosicchè non necessita di autorizzazione dell’assemblea condominiale, perché l’attività ricettiva in questione di per sé non arreca pregiudizio agli altri condomini (Cass. n. 24707/2014).
Sta di fatto, in ogni caso, che il proprietario affittante è tenuto a rispondere – nei confronti degli altri comproprietari – dell’operato del suo inquilino circa l’uso e il godimento dei beni e dei servizi condominiali, e ciò comporta la sua responsabilità per le violazioni al regolamento interno poste in essere dal conduttore, qualora non dimostri di aver adottato, con la diligenza di cui all’art. 1176 cc. tutte le misure idonee a far cessare gli abusi, fino alla richiesta di cessazione anticipata del contratto di locazione (Cass. N. 11859/2011).
In mancanza, il condominio può decidere di agire sia contro il proprietario locatore sia nei confronti del suo locatario, in quanto entrambi sono responsabili in via solidale della violazione regolamentare e quindi, come tali, tenuti a risarcire i danni arrecati. E’ il caso comunque di specificare come – in via generale – il conduttore, ex articolo 1587 del codice civile, sia perseguibile per i suoi comportamenti qualora utilizzi l’abitazione o le parti comuni in maniera difforme dagli usi consentiti della legge o dal regolamento di condominio.
Va ancora detto, in ogni caso, che se proprio la speciale attività continuasse a rallegrare il casto edificio e i suoi residenti, i condòmini potrebbero denunciare il tutto con un esposto – per disturbo della quiete e attività indecorosa – all’Autorità pubblica, ossia Guardia di Finanza e agenzia delle Entrate, atteso oltretutto il consolidato orientamento tributario che considera l’attività di meretricio svolta abitualmente come assimilabile al lavoro autonomo, con la conseguenza – quindi – che i relativi proventi vanno dichiarati e tassati.
Mi piace concludere con una citazione di Wallace perfettamente calzante con l’argomento trattato: “La prostituta <<dà>> ma – non pretendendo in cambio niente che abbia un valore equiparabile – corrompe il dare, fa in modo che quella che dovrebbe essere una rivelazione diventi una transazione”.
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