Il D.Lgs. n. 205/2006, c.d. “Codice del Consumo”, prevede una specifica disciplina relativa alle “clausole vessatorie” (art. 33) contenute nei contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi conclusi tra il consumatore e il professionista, in aggiunta alla disciplina sulle clausole “onerose” contenuta nell’articolo 1341 del Codice civile.
Non vi è dubbio, ormai, che il Condominio sia equiparato al Consumatore, come dichiarato persino dal Tribunale di Milano che ne valorizzava il carattere di «entità plurisoggettiva a composizione mista», in relazione alla quale bisogna valutare il criterio della prevalenza residenziale rispetto a quella commerciale, laddove esistente (Cfr. Trib. Milano, Sez. III civ., sentenza 26/11/2020).
Nell’ambito dei contratti per affidamento dei servizi connessi alla realizzazione degli interventi coperti dal c.d. “Superbonus” (ma, più in generale, anche dalle altre forme di agevolazione fiscale), numerose sono le possibili clausole onerose (art. 1341 c.c.) e vessatorie (art. 33 Cod. consumo) che devono essere individuate e approvate espressamente e in forma scritta.
In primo luogo, rientrano nella disciplina in questione le clausole che contengono limitazioni di responsabilità, consistenti nella esclusione (totale o parziale) del soggetto che predispone il contratto dalle conseguenze negative connesse all’eventuale inadempimento. Giova precisare che detta limitazione può riguardare esclusivamente le responsabilità connesse a “colpa lieve”, atteso che l’art. 1229 c.c. prevede la nullità di qualsiasi patto volto ad escludere o limitare la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave.
Allo stesso regime soggiacciono le eventuali clausole che disciplinano il recesso dal contratto, che, laddove prevedano il recesso del solo proponente, sono considerate vessatorie (e quindi soggette a specifica approvazione); viceversa, laddove il recesso sia riconosciuto a tutte le parti contraenti – non creando alcuno squilibrio nelle relazioni contrattuali – la clausola non è considerata “vessatoria”.
Nel caso in cui siano previste clausole che espressamente escludono il diritto di recesso, le stesse – in quanto non contemplate nel catalogo di cui all’articolo 1341 c.c. – sono pienamente regolari e non devono essere considerate vessatorie.
Nel contratto potrebbero essere previste clausole che comportano la decadenza, ovvero specifiche condizioni (particolarmente onerose) che vengono poste a carico del consumatore oppure che aggravino le condizioni già previste dalla legge per l’esercizio di un diritto. Dette clausole sono considerate vessatorie, a meno che non si stabiliscano termini e condizioni tali da rendere eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto, comportando la nullità della clausola stessa (Cfr. art. 2965 c.c.).
Le clausole che pongono limitazioni alle facoltà (processuali) di porre eccezioni sono considerate vessatorie. È il caso della clausola “solve et repete”, con la quale viene stabilito che una delle parti non possa opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, limitando quindi l’azionabilità dell’azione di inadempimento.
Detta clausola sarebbe, invece, nulla laddove operasse in relazione alle eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto.
Ai sensi del Codice del consumo, per quanto rilevanti ai fini della presente disamina, sono considerate radicalmente nulle le clausole volte a escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista stesso. Dette clausole, invero, andrebbero a creare un’alea di intangibilità e di irresponsabilità non tollerata dal Ns. ordinamento, a totale svantaggio della controparte “debole” del rapporto.
Sono altresì nulle le clausole che prevedano l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
Il Codice del Consumo prevede, inoltre, una serie di clausole che si presumono vessatorie, a meno che non siano state oggetto di specifica trattativa ovvero non si dimostri – da parte del professionista/imprenditore – che le stesse non siano vessatorie.
Rientrano in tale elenco, le previsioni volte a escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo, circostanza che verrebbe a crearsi in concomitanza con la cessione del credito fiscale maturato ai sensi della disciplina introdotta dal Decreto rilancio.
Si presume vessatoria la clausola che consente al professionista/imprenditore di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso. La clausola non si considera vessatoria se è invece previsto il diritto del consumatore di esigere dal professionista/imprenditore il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere.
Analogamente, è ritenuta vessatoria la clausola che impone al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo.
Alla medesima disciplina soggiace la previsione – imposta dal consumatore nei confronti del professionista/imprenditore – di richiedere il pagamento di una somma di denaro (a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo) di importo manifestamente eccessivo, in quanto il Codice del consumo tende a garantire un equilibrio tra le parti del contratto, andando a invalidare le clausole che questo equilibrio lo alterano.
Di rilevante impatto è la circostanza secondo la quale si presume vessatoria la clausola che consente di determinare il prezzo dei beni o dei servizi al momento della consegna o della prestazione. Questa circostanza, invero, dovrebbe essere scongiurata dalle previsioni di cui alla c.d. Legge Bersani, che ha imposto la preventiva indicazione del valore delle prestazioni professionali, anche solo in termini generali e indicativi.
Si aggiungono all’elencazione effettuata alcune previsioni in ordine al ricorso a strumenti di ADR, la determinazione del foro competente e il “diritto di ripensamento”, che saranno oggetto di ulteriore e specifico approfondimento.
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