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La Regione Lombardia detta le linee guida per la riapertura delle piscine condominiali: ma a quale prezzo?

La Regione Lombardia detta le linee guida per la riapertura delle piscine condominiali: ma a quale prezzo?

La normativa regionale lombarda, risulta di gran lunga più stringente rispetto alle già di per sé pressanti disposizioni governative

Con l’Ordinanza n. 566 del 12.06.2020, la Regione Lombardia ha dettato le linee guida per disciplinare e consentire la ripresa delle attività economiche, produttive e ricreative e, con riguardo specifico alla tematica affrontata in questa sede, ha indicato i criteri –peraltro estremamente rigorosi- da seguire per riaprire le piscine –anche- condominiali.

Già in altro articolo, da queste stesse pagine, avevamo avuto modo di esaminare il contenuto del Decreto Legge 16 maggio 2020, n.33 recante le disposizioni quadro in materia, alle quali fare riferimento in assenza di specifica normativa locale; alla luce dell’Ordinanza della Regione Lombardia, un confronto si impone.

Indubbiamente, considerata nel suo complesso, la normativa regionale lombarda, risulta di gran lunga più stringente rispetto alle già di per sé pressanti disposizioni governative, tanto che, inevitabilmente, anche alla luce dell’andamento della curva epidemiologica, c’è da chiedersi se questo passo –almeno per le piscine condominiali che, generale, costituiscono una pertinenza atta a rendere più confortevole la fruizione degli immobili cui afferiscono- fosse davvero necessario.

Se, infatti, in alcuni casi, esse rappresentano fonte di reddito per il personale di assistenza ai bagnanti, è, d’altra parte innegabile, come vedremo, che i costi da sostenere per riaprire in sicurezza, le procedure da adottare ed i protocolli da seguire, sono davvero estremamente importanti gli uni e complessi gli altri.

Nel richiamare le disposizioni di carattere generale (disinfezione con appositi prodotti in entrata all’impianto; distanziamento interpersonale di almeno un metro negli spazi comuni; di almeno 7 mq in vasca; percorsi di ingresso e di uscita separati per evitare assembramenti; sanificazioni ripetute; accessi su prenotazione da registrare e mantenere per 14 giorni e via discorrendo) che già abbiamo avuto modo di esaminare in quanto contenute nel richiamato Decreto Legge 16 maggio 2020, n. 33, approfondiremo quegli aspetti che, nel dettato della Regione Lombardia costituiscono elementi caratterizzanti e specifici dell’Ordinanza n. 566 del 16 giugno u.s.

Scorrendo il testo della norma, la prima disposizione di carattere particolare che richiama l’attenzione dello scrivente è quella che prevede l’obbligatorietà – e non la semplice facoltà- di procedere alla rilevazione “della temperatura corporea del personale e, se superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso o la permanenza ai luoghi di lavoro al lavoratore che sarà quindi posto momentaneamente in isolamento con relativa segnalazione all’ATS competente per territorio. Analogamente si provvederà se durante l’attività il lavoratore dovesse manifestare i sintomi di infezione respiratoria da COVID-19 (es. febbre, tosse, raffreddore, congiuntivite). La rilevazione della temperatura corporea è fortemente raccomandata anche per i clienti/utenti.”

In quest’ambito, si sottolinea la grande responsabilità che incombe sull’amministratore datore di lavoro, il quale, nel caso di personale assistente di vasca con sintomatologia da COVID 19 dovrà attivare la procedura di cui al paragrafo 1.3 dell’ordinanza che prevede, ai sensi del d.lgs. n. 81/2000, la segnalazione al medico dell’ATS territorialmente competente, nonché la raccomandazione dell’utilizzo dell’ “app «AllertaLom» da parte del datore di lavoro e di tutto il personale, compilando quotidianamente il questionario «CercaCovid».”Si segnala, inoltre, che in ogni momento, il datore di lavoro o l’amministratore potrà procedere, a campione, alla rilevazione della temperatura corporea, ai fini predetti.

Proseguendo nell’esame del testo, si prevede, come funzionale alla divulgazione massima dell’informazione afferente le misure di prevenzione adottate, l’installazione –a cura del gestore dell’impianto, se esistente, o, in alternativa, del Condominio- di “monitor e/o maxi-schermi, per facilitare la gestione dei flussi e la sensibilizzazione riguardo i comportamenti, mediante adeguata segnaletica

Non occorre sottolineare che, in ogni caso, sia che l’impianto venga affidato dall’assemblea alla gestione di un terzo responsabile, sia che venga affidato alle cure del solo amministratore, i costi per l’implementazione di simili attrezzature e per la predisposizione di adeguata logistica, andranno ad incidere notevolmente sui bilanci condominiali, già messi a dura prova dalla crisi da COVID 19.

Ancora, in maniera certosina, viene limitata al minimo la discrezionalità nella fruizione, pur distanziata, degli spazi comuni, posto che, proseguendo nell’esame del testo, si nota la prescrizione relativa alla necessità di: “Redigere un programma delle attività il più possibile pianificato in modo da dissuadere eventuali condizioni di aggregazione e da regolamentare i flussi negli spazi di attesa e nelle varie aree per favorire il rispetto del distanziamento sociale di almeno 1 metro, ad eccezione dei componenti dello stesso nucleo familiare o conviventi e del caso di accompagnamento di minori di anni sei o persone disabili di cui all’art. 9 comma 2 del D.P.C.M. dell’11 giugno 2020; detto ultimo aspetto afferisce alla responsabilità individuale.”

Nello stesso senso, si pongono quelle disposizioni dell’ordinanza in commento che impongono di riporre tutti gli indumenti e gli effetti personali, raccolti in apposito sacchetto, nella propria borsa, e vietano l’uso promiscuo di oggetti e biancheria, imponendo al fruitore di entrare in piscina completamente fornito di tutto l’occorrente.

Ma vi è di più: particolare attenzione viene dedicata alla qualità dell’acqua in vasca e dell’aria climatizzata all’interno degli spogliatoi. In proposito, vi sono ben due disposizioni degne di nota: “Al fine di assicurare un livello di protezione dall’infezione assicurare l’efficacia della filiera dei trattamenti dell’acqua e il limite del parametro cloro attivo libero in vasca compreso tra 1,0 – 1,5 mg/l; cloro combinato ≤ 0,40 mg/l; pH 6.5 – 7.5. Si fa presente che detti limiti devono rigorosamente essere assicurati in presenza di bagnanti. La frequenza dei controlli sul posto dei parametri di cui sopra è non meno di due ore. Dovranno tempestivamente essere adottate tutte le misure di correzione in caso di non conformità, come pure nell’approssimarsi del valore al limite tabellare.”; e quella successiva, secondo cui occorre: “Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni. In ragione dell’affollamento e del tempo di permanenza degli occupanti, dovrà essere verificata l’efficacia degli impianti al fine di garantire l’adeguatezza delle portate di aria esterna secondo le normative vigenti. In ogni caso, l’affollamento deve essere correlato alle portate effettive di aria esterna. Per gli impianti di condizionamento, è obbligatorio, se tecnicamente possibile, escludere totalmente la funzione di ricircolo dell’aria. In ogni caso vanno rafforzate ulteriormente le misure per il ricambio d’aria naturale e/o 28 attraverso l’impianto, e va garantita la pulizia, ad impianto fermo, dei filtri dell’aria di ricircolo per mantenere i livelli di filtrazione/rimozione adeguati. Se tecnicamente possibile, va aumentata la capacità filtrante del ricircolo, sostituendo i filtri esistenti con filtri di classe superiore, garantendo il mantenimento delle portate. Nei servizi igienici va mantenuto in funzione continuata l’estrattore d’aria.

E, per finire, coerentemente, si prescrive, tra le altre cose, che le vasche non in grado di garantire questi standards qualitativi, che vengono considerati sufficienti ma minimi, sono interdette al pubblico.

Dall’esame del complesso normativo, che come detto va integrato con le disposizioni di carattere generale dettate dal Decreto Legge 16 maggio 2020, n.33, ribadite nell’ordinanza in commento, si evince la concreta difficoltà, sia in termini prettamente economici, per l’importante impegno di spesa richiesto, sia in termini di profilassi, sia, infine, in termini di responsabilità datoriali che si richiedono al Condominio in genere, ed all’amministratore nello specifico, di riaprire le piscine condominiali in tutta sicurezza.

Ecco perché, anche alla luce della persistente elevata aggressività del virus in Lombardia, ci si chiede se il momento per la riapertura di impianti di natura ricreativa, certamente importanti ma probabilmente non essenziali, sia quello giusto. Le assemblee in presenza sono possibili solo in particolari condizioni di spazio e di salubrità degli ambienti, tanto da essere convocabili solo in casi rari; pur riconoscendone le indubbie potenzialità, ad oggi, non risultano pienamente normate le videoassemblee e molte sono le resistenze a ricorrere ad esse. Ne consegue la difficoltà –se non l’impossibilità- per l’amministratore di impegnarsi in spese che, non avendo il carattere dell’urgenza, non sono di sua competenza.

 

 

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Avv. Roberto Rizzo

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