L’amministratore di condominio ha il potere di pattuire il compenso dovuto all’avvocato che difende il condominio in una causa contro alcuni condomini?
Il Giudice di Pace di Cosenza ha ritenuto di no, affermando in particolare che è insussistente il potere dell’amministratore condominiale di pattuire il compenso spettante all’avvocato per il patrocinio del condominio nel giudizio di appello.
La sentenza del Giudice di Pace è stata impugnata e il Tribunale di Cosenza (Sentenza del 26 aprile 2021) ha avuto modo di ribadire alcuni importanti principi in merito al potere dell’amministratore di resistere nel giudizio che riguarda il condominio.
Osserviamo anzitutto le norme interessate. Il codice civile disciplina questi aspetti della vita condominiale all’art. 1131, il cui contenuto non è stato modificato dalla riforma del 2012.
Viene affermato che:
- – (2° comma) l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio (…);
- – (3° comma) qualora la citazione (…) abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini;
- – (4° comma) l’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.
Viene dunque stabilito che l’amministratore possa essere convenuto in giudizio per qualunque azione avente ad oggetto le parti comuni.
Questo richiamo alle “parti comuni” va inteso in senso ampio, non nel senso meramente materiale, ma comprensivo di tutti i rapporti giuridici che sorgano dall’esistenza di parti comuni del condominio, come organizzazione, amministrazione, servizi comuni (Cass. civ. 1968/1401).
Un’azione “avente ad oggetto le parti comuni” può riguardare molteplici aspetti: può trattarsi, ad esempio, dell’azione del terzo creditore che agisca per ottenere dal condominio il pagamento in adempimento di un’obbligazione assunta dall’amministratore per conto dei partecipanti; può trattarsi dell’azione del terzo che voglia fare accertare la proprietà non condominiale ma esclusiva di un bene.
È facile vedere la differenza tra le due ipotesi. Nella prima si controverte di un aspetto gestionale del condominio, cioè l’adempimento di una obbligazione assunta in relazione alle parti comuni. Nella seconda, invece, sono in gioco le posizioni sostanziali dei singoli condomini, poiché la lite riguarda l’estensione del diritto di proprietà di ciascuno. È evidente come la prima ipotesi rientri nelle attribuzioni dell’amministratore, mentre la seconda ne fuoriesca.
Per quanto riguarda in particolare le impugnazioni, va osservato che in base al disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c., l’amministratore del condominio è legittimato ad agire in giudizio per l’esecuzione di una deliberazione assembleare o per resistere all’impugnazione della delibera stessa da parte del condomino senza necessità di una specifica autorizzazione assembleare, trattandosi di una controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni, con la conseguenza che in tali casi egli neppure deve premunirsi di alcuna autorizzazione dell’assemblea per proporre le impugnazioni nel caso di soccombenza del condominio.
A questa conclusione non è di ostacolo il principio, enunciato dalle Sezioni Unite (Sentenza n. 18331 dell’8 giugno 2010), secondo cui l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, co. 2 e 3, c.c. può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.
Da quanto detto ne deriva logicamente che, se l’amministratore può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, necessariamente ha anche il potere di pattuire il compenso dell’avvocato che assista il condominio in tale giudizio di impugnazione.
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