L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha spiegato i suoi effetti su molti ambiti delle nostre vite, compreso quello giuridico.
Come era prevedibile e con riferimento ai contratti di locazione (siano essi ad uso abitativo o ad uso commerciale) l’emergenza sanitaria ha portato con se due fenomeni: da una parte ha creato innumerevoli difficoltà ai conduttori che si sono ritrovati a non poter corrispondere regolarmente i canoni di locazione, dall’altra invece (e come prevedibile conseguenza della prima) i locatori si sono ritrovati a non poter contare sulle entrate che avrebbero dovuto essere garantite dai contratti di locazione che hanno ad oggetto gli immobili di loro proprietà.
Da ciò ne è derivato il blocco delle esecuzioni immobiliari e con esso numerose questioni giuridiche portate innanzi ai tribunali.
In particolare, l’art. 91 del D.L. 18/2020, più famoso col nome di “Cura Italia”, rubricato “Disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici” ha stabilito che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
È questa infatti la fattispecie sulla quale si è ritrovato a dover giudicare il Tribunale di Roma, con sentenza n. 9446/2021 del 21 maggio 2021: una società conduttrice infatti, chiamata in causa poiché morosa di numerosi canoni di locazione, ha invocato in sua difesa il già menzionato articolo 91 del D.L. 18/2020, sostenendo di essersi ritrovata (proprio a causa dell’emergenza sanitaria) nell’impossibilità oggettiva di godere dell’immobile, invocando anche il principio di buona fede nei rapporti contrattuali, chiedendo il rigetto della domanda del locatore che chiedeva di vedersi riconosciuto il diritto alla corresponsione di canoni di locazione arretrati e basando questa richiesta proprio sul mancato godimento dell’immobile.
La conduttrice infatti nella sua difesa, ha richiesto al Tribunale romano di “dichiarare il locatore gravemente inadempiente alla propria obbligazione di rinegoziazione del contratto di locazione per ricondurlo ad equità” e di pronunciare sentenza ex articolo 2932 del codice civile, tenendo anche conto del tentativo di rinegoziazione. Su questo ultimo punto si anticipa sin da ora che il Tribunale di Roma ha dichiarato improcedibile la domanda riconvenzionale poiché è mancato l’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione. La materia di locazione rientra infatti tra quelle che richiedono necessariamente e obbligatoriamente il tentativo di mediazione come condizione necessaria alla procedibilità della domanda.
Come anticipato, la società conduttrice morosa, ha basato la propria difesa sulla circostanza di essersi ritrovata a dover limitare la propria attività e quindi anche l’effettivo godimento dell’immobile condotto in locazione proprio a causa dell’emergenza da Covid-19.
Il Tribunale di Roma, tuttavia non ha accolto la difesa proposta dalla conduttrice morosa, ritenendola non sostenibile dal punto di vista del diritto poiché il disposto dell’articolo 91 del D.L. 18/2020 non sarebbe idoneo ad estinguere l’obbligazione principale, ma al massimo, a giustificare un ritardo nell’inadempimento potendo inoltre escludere una responsabilità risarcitoria o il pagamento di clausole penale, ma non di più.
Non solo, nel caso di specie si è ritenuto che l’emergenza sanitaria e le misure di contenimento non abbiano effettivamente inciso sulla possibilità di corrispondere i canoni di locazione in favore del locatore, non ritenendo sussistente un’impossibilità oggettiva sopravvenuta ed idonea ad inficiare il godimento dell’immobile.
A sostegno di questo orientamento si voglia rammentare che nel caso specifico delle locazioni commerciali, il contratto di locazione non si estende mai alla garanzia dell’effettivo svolgimento dell’attività commerciale per la quale l’immobile è condotto in locazione e non è certo onere del locatore garantirne lo svolgimento, dovendosi egli limitare al rispetto di quanto previsto dall’articolo 1575 del codice civile: mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto con il conduttore.
Da ciò ne deriva per il locatore esclusivamente l’obbligo di garantire che l’immobile sia strutturalmente idoneo all’utilizzo pattuito con il conduttore e non che tale uso sia effettivamente e costantemente proficuo per lo stesso, non dovendosi quindi estendere la garanzia del locatore alla produttività del bene concesso in locazione.
Non è quindi responsabilità del locatore garantire il profitto dell’immobile locato ad uso commerciale e nemmeno si può ritenere che egli vada a ledere il principio di buona fede gravante sull’esercizio contrattuale, non ravvisandosi nessuna condotta abusiva in capo al creditore che pretende la corresponsione dei canoni di locazione anche a fronte di un calo del fatturato del conduttore; né è giustificabile la condotta morosa del debitore laddove le norme di contenimento dell’emergenza sanitaria non abbiano oggettivamente e materialmente precluso la possibilità di adempiere al versamento dei canoni di locazione.
Tribunale di Roma sentenza n. 9446 del 21 maggio 2021
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