Il contratto di mutuo ipotecario, stipulato da un privato con la propria banca, può essere espresso in valuta estera, nel qual caso può di fatto accadere che il cliente si trovi, in conseguenza dell’obbligazione assunta, esposto al rischio di cambio.
Qualora il consumatore non fosse consapevole, al momento della sottoscrizione del contratto, dei rischi derivanti dai propri impegni finanziari, si pone la questione giuridica se questo soggetto, per ignoranza di una clausola abusiva, abbia diritto alla restituzione del danno patito.
I contratti con il consumatore sono sovente contratti per adesione, standardizzati, in cui il contraente sottoscrive un formulario già predisposto, senza nella prassi negoziare alcunché.
Il nostro Codice civile disciplina all’art. 1342 il contratto concluso mediante moduli o formulari ed all’art. 1341 le condizioni generali di contratto, descrivendone gli effetti.
Da questa risalente normativa e dalla giurisprudenza, il diritto si è evoluto ed il legislatore italiano è giunto alla promulgazione del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, che raccoglie in modo organico la normativa in materia di consumo, rispondendo alle istanze provenienti dal diritto europeo. In particolare, alla Direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, confluita nella Direttiva Consumatori del 2109.
Essa, definisce “consumatore” qualsiasi persona fisica che agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale, e “professionista” qualsiasi persona fisica o giuridica che, invece, agisca nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata, e stabilisce all’art.3 che:
- Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.
- Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.
Un recentissimo gruppo di pronunce della Corte di Giustizia fornisce un arresto significativo in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, che prevedono, in particolare, il franco svizzero quale moneta di conto e l’euro quale moneta di pagamento, con la conseguenza di far gravare il rischio di cambio sul mutuatario.
Si tratta, in primis, del caso BNP PARIBAS Personal Finance SA contro VE (C- 609/19 del 10 giugno 2021) e di altre cause aventi la stessa casistica.
In estrema sintesi, gli arresti suddetti sono accumunati dal rivolgere al giudicante questioni pregiudiziali in merito alla rispetto della direttiva 93/13 di normative nazionali (in questo caso di diritto francese) dettate in materia di prescrizione, ai fini della dichiarazione del carattere abusivo di una clausola, degli eventuali rimborsi, e se l’onere processuale di provare il carattere «chiaro e comprensibile» di una clausola ai sensi della direttiva 93/13 gravi, anche sotto il profilo delle circostanze relative alla conclusione del contratto, sul professionista o sul consumatore.
La Corte vaglia la questione se, la clausola secondo cui i rimborsi a scadenze fisse siano da imputare prioritariamente agli interessi, e se, al fine di liquidare il saldo del conto, la banca possa de plano allungare l’estensione della durata del contratto e imporre l’aumento dell’importo delle rate mensili.
Si presenta, nei casi controversi, un significativo squilibrio fra le prestazioni contrattuali, perché, se entrambe le parti sono esposte a un rischio di cambio, il professionista dispone di mezzi superiori rispetto al consumatore per prevedere questo rischio, che per la banca limitato, a differenza di quanto non lo sia per il consumatore.
Ebbene, per la Corte di Lussemburgo, i mutui concessi in valuta estera obbligano la banca a dare uno specifico avviso al cliente sia del rischio di cambio, sia del prevedibile andamento di sviluppo economico connesso. La clausola abusiva ignorata dal cliente determina il diritto al ristoro di quanto pagato in base a tale clausola.
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