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Niente bed and breakfast se il regolamento condominiale lo vieta

Niente bed and breakfast se il regolamento condominiale lo vieta

Condannata una condomina ad interrompere l’attività di bed and breakfast, perché vietata dal regolamento condominiale contrattuale e non autorizzata all’unanimità dall’assemblea.

Con la sentenza n. 1049 del 30 aprile 2020, la Corte d’Appello di Milano ha confermato la decisione del tribunale che aveva condannato una condomina ad interrompere l’attività di bed and breakfast, perché vietata dal regolamento condominiale contrattuale e non autorizzata all’unanimità dall’assemblea.

Nel caso di specie, il regolamento condominiale prevedeva che “gli appartamenti dello stabile si intendono destinati ad uso abitazione e ad uffici”. Si trattava, dunque, di stabilire se nell’espressione “ad uso abitazione civile” poteva essere ricompresa o meno l’attività di B&B.

Secondo la tesi del Condominio, l’attività di B&B è incompatibile con il regolamento. Quella messa in piedi dalla condomina è da considerarsi un’attività commerciale. Lo si evince da numerosi elementi, quali la costituzione di un’impresa individuale per il suo svolgimento, la sua pubblicizzazione sui più noti siti di prenotazioni alberghiere, nonché l’offerta di servizi aggiuntivi (corredo di biancheria e asciugamani da bagno, la connessione wi-fi, l’aria condizionata, il riscaldamento, la colazione ed il noleggio di biciclette).

Contrario il parere della titolare. Secondo la condomina, l’attività di B&B è consentita dal regolamento, in quanto presupporrebbe proprio l’uso dell’immobile a civile abitazione. In questo senso, si distingue dall’attività alberghiera. Tale distinzione sarebbe confermata anche dall’art. 45 della Legge Regione Lombardia n. 27/2015, secondo cui l’attività di B&B non comporta il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile ai fini urbanistici.

I giudici, come detto, hanno accolto le ragioni del Condominio. L’attività di B&B va interrotta perché contraria a specifica clausola del regolamento condominiale.

Opponibilità del divieto. Questa clausola del regolamento ha natura contrattuale. Risulta infatti essere stata espressamente accettata da tutti i condomini (compresa la titolare del B&B) al momento dell’acquisto dell’immobile in condominio. È dunque opponibile alla stessa come una vera e propria servitù (atipica) sulla proprietà. E può essere derogata solo con il consenso unanime di tutti i condomini, che, nel caso di specie, manca.

Come precisa la Corte, il fatto che il regolamento “non vieti in modo espresso e specifico l’utilizzo delle unità immobiliari di proprietà esclusiva per attività di affittacamere o di B&B non può indurre a ritenere che siffatti usi debbano considerarsi ammessi, dovendosi piuttosto valutare se essi siano assimilabili gli usi consentiti dal regolamento”.

Circostanza che, nel caso specifico, è da escludere, non essendo l’attività commerciale ricettiva svolta in forma imprenditoriale dalla convenuta assimilabile né con l’utilizzo a “civile abitazione”, né tanto meno con quello ad “ufficio”.

Il B&B ha natura para-alberghiera. Il ragionamento dei giudici parte dal significato letterale del termine “abitazione”. Con esso s’intende indicare il luogo in cui la persona fisica vive stabilmente e abitualmente. Di conseguenza, non possono rientrare in questa nozione anche i soggiorni temporanei e giornalieri presso l’appartamento di un terzo. Deve escludersi, pertanto, che l’attività di B&B (come quella di affittacamere) possa assimilarsi all’uso abitativo. Piuttosto, va qualificata come attività commerciale, equiparabile all’attività alberghiera.

Nel caso specifico, non vi è dubbio che l’attività svolta rientri nella definizione di B&B, avente natura nella sostanza para-alberghiera. Si tratta infatti di un’attività commerciale, per esercitare la quale è stata costituita un’impresa individuale, pubblicizzata sui più noti siti di prenotazioni alberghiere e che viene svolta in modo sistematico e stabile con l’offerta di servizi aggiuntivi.

Legislazione regionale. La Corte precisa che le leggi regionali – nella specie la L.R. Lombardia n. 27/2015 – non possono in alcun modo interferire con la volontà contrattuale dei comproprietari, con la quale si è voluto escludere ogni modifica della destinazione ad uso abitativo dei singoli piani.

Parliamo di due piani distinti. La legislazione regionale disciplina i rapporti tra i privati e la pubblica amministrazione e persegue finalità di natura pubblicistica, relative unicamente alla classificazione delle attività. Mentre il regolamento condominiale contrattuale disciplina i rapporti tra i privati.

©Riproduzione riservata

Avv. Giuseppe Donato Nuzzo

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