Il caso analizzato dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio si riferisce all’ipotesi in cui la soffitta viene ricavata dal sottotetto della villetta.
Il TAR Liguria precisa che in caso di sopraelevazione si devono rispettare le distanze minime dal confine prescritte dalla legge e dal piano regolatore generale del Comune, pertanto deve ritenersi illegittimo il permesso di costruire rilasciato dal Comune per realizzare una soffitta, in quanto una sopraelevazione deve considerarsi come una nuova costruzione che incrementa sempre la volumetria e la superficie di ingombro.
La regola delle distanze legali tra costruzioni deve pertanto ritenersi applicabile anche alle sopraelevazioni. Una sopraelevazione non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori.
La pronuncia si incardina nell’ambito di una controversia tra privato e pubblica amministrazione, in quanto a fronte dell’atto autoritativo del Comune che ha concesso l’autorizzazione a costruire, il vicino confinante, che ritiene lesiva tale concessione, vanta un interesse legittimo.
Nella fattispecie in esame succede questo: il ricorrente (Tizio), proprietario di un immobile confinante con quello di proprietà della parte convenuta (Sempronia), aveva contestato la validità della concessione edilizia che il Comune aveva rilasciato a Sempronia “per realizzare una copertura a tetto per uso soffitta al piano sottotetto”, in quanto assumeva che fosse stata concessa in violazione dell’art.3 delle Norme Tecniche di attuazione (NTA) del PRG del Comune interessato, dell’art. 9 del DM 1444/68 e dell’art. 41 quinquies della Legge 1150/42 in materia di distacchi dai confini e di distanze minime tra pareti finestrate di edifici antistanti.
Secondo la ricostruzione del ricorrente si sarebbe trattato “di un nuovo corpo di fabbrica attuato in sopraelevazione rispetto alla precedente costruzione, distante m. 2,39 dall’interasse del muro di confine con il (suo) fondo….e m 8,50 dalla parete ovest (finestrata) della (sua) abitazione”, come peraltro comprovato dalla stessa documentazione fornita.
La costruzione della soffitta, al di sopra del piano originario della villetta della sig.ra Sempronia, ha aumentato indubbiamente le volumetrie dell’immobile stesso, determinando un incremento dell’altezza del fabbricato nella parte antistante la proprietà del ricorrente e realizzando una nuova copertura a tetto con un’altezza superiore a quella originaria
A nulla rilevano le argomentazioni della sig.ra Sempronia in merito al carattere di “volume tecnico” dell’opera realizzata.
In tema di distanze legali, integra la nozione di volume tecnico, non computabile nella volumetria della costruzione e irrilevante ai fini del calcolo delle distanze legali, soltanto l’opera edilizia priva di autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa.
I volumi tecnici degli edifici sono esclusi dal calcolo della volumetria a condizione che non assumano le caratteristiche del vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità.
Ne consegue che quando i sottotetti sono di altezza e di volumi tali da poter essere suscettibili di abitazione, devono essere computati ad ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia ai fini del calcolo dell’altezza e delle distanze ragguagliate all’altezza, non potendo essere annoverati tra i volumi tecnici.
Nella fattispecie in esame la violazione è duplice in quanto non viene rispettata né la distanza di 3 metri dal confine così come prevista dalle Norme Tecniche di attuazione (NTA) del Piano Regolatore generale, né la distanza minima di 10 metri lineari tra pareti finestrate di edifici antistanti così come impone l’art. 9 del DM 1444/68, disciplina peraltro richiamata tra le norme generali delle Norme Tecniche di attuazione del PRG.
Da sottolineare il fatto che la distanza di 10 metri tra pareti finestrate deve essere calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati (quindi non soltanto alle parti che si fronteggiano) e a tutte le pareti finestrate, non soltanto a quella principale.
Il ricorso di Tizio pertanto viene accolto.
I conflitti in materia edilizia rientrano tra le fattispecie per le quali è previsto la c.d. mediazione obbligatoria (D.lgs n. 28/2010).
Sicuramente in un caso come quello sopra esposto, la mediazione avrebbe avuto un impatto diverso nel rapporto di convivenza tra i due vicini. I tempi e i costi relativi ad un processo giudiziario sono ormai troppo pesanti per tutti ed una questione chiusa nelle aule di un Tribunale crea molto spesso dei nemici che, come nel caso di vicini di casa, continueranno a vivere alimentando un sentimento di odio e non di civile convivenza.
Tar Lazio sentenza 7136 del 14.6.21
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