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In arrivo una pioggia di vendite ed esecuzioni immobiliari

In arrivo una pioggia di vendite ed esecuzioni immobiliari

Quali saranno, in concreto, le conseguenze della pronuncia emessa dalla Corte Costituzionale in merito illegittimità costituzionale della (sola) seconda proroga della sospensione delle procedure esecutive?

Con la Sentenza n. 128 del 22 giugno 2021, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 14, del Decreto Legge 31 dicembre 2020, n. 183, c.d. “Decreto Milleproroghe”, con il quale è stata estesa al 30 giugno 2021 la sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato.

Tanto per effetto della remissione alla Consulta della relativa questione, sollevata con separate ordinanze dai Giudici dell’esecuzione presso i Tribunali di Barcellona Pozzo di Gotto, prima, e di Rovigo, poi.

In particolare, il Tribunale siciliano, con ordinanza del 13 gennaio 2021, nel censurare la proroga della predetta sospensione, ne ha evidenziato l’incompatibilità con l’art. 24, primo comma, della Costituzione, atteso che il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva costituisce parte essenziale della tutela giurisdizionale riconosciuta ai cittadini, e con il principio della ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, primo comma, della Costituzione.

Il Tribunale veneto, invece, con ordinanza del 18 gennaio 2021, nel reiterare i dubbi d’incostituzionalità relativi alla disposizione in oggetto, ha osservato che la ratio della norma oggetto d’indagine non può essere individuata nell’esigenza, determinata dall’emergenza pandemica, di tutelare la parte più debole, colpita dalla crisi economica, in quanto le procedure sospese, a partire dalla data del 30 aprile 2020, riguardano –principalmente- esposizioni debitorie nate e consolidatesi in epoca ben antecedente a tale momento.

La ricostruzione giuridica operata dalla Corte Costituzionale.

In via del tutto preliminare, la Consulta, ricostruisce il quadro normativo di riferimento relativo all’intero periodo emergenziale, ed osserva come –accanto alla sospensione delle procedure esecutive immobiliari- i debitori abbiano potuto contare –per il medesimo arco temporale- sull’ulteriore misura di sostegno costituita dal c.d. “blocco degli sfratti”.

Tale doppia tutela, ad avviso della Corte, ha immotivatamente determinato una sostanziale alterazione del necessario bilanciamento tra le posizioni giuridicamente rilevanti nella questione sottoposta al vaglio della Consulta, vale a dire: il diritto del debitore all’abitazione, al quale deve, senz’altro, riconoscersi, natura e carattere “sociale” ed il diritto del creditore di tutelare le proprie ragioni attraverso il ricorso all’azione esecutiva, finalizzata alla vendita del bene pignorato.

Tanto, sulla base della considerazione per la quale, al miglioramento costante delle condizioni sanitarie, ed al progressivo “ammorbidimento” delle restrizioni imposte alla disciplina processuale nel suo complesso –sia quella generale che quella specifica relativa al rilascio coattivo degli immobili- non ha fatto seguito il necessario adeguamento –in virtù del mutato quadro epidemiologico- della disciplina afferente alla sospensione delle procedure esecutive in oggetto.

Si legge, infatti, in un passo della sentenza in commento: “(…) la prevista sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è invece rimasta invariata nei suoi presupposti fino alla seconda proroga, oggetto delle censure in esame. (…)”

Se, pertanto, nel momento iniziale e più acuto della pandemia, il complesso normativo adottato dal Legislatore emergenziale, poteva ritenersi rispettoso dell’esigenza di tutelare in maniera equa entrambi i diritti costituzionalmente garantiti, ad avviso della Consulta, la progressiva e costante regressione dell’emergenza da Covid 19, avrebbe dovuto comportare la limitazione, attraverso l’elaborazione di rigorosi criteri selettivi, di una protezione che, rimasta –invece- inalterata, risulta oggi priva di giustificazione causale.

Osserva, infatti, il Giudice delle Leggi in un significativo passaggio: “(…) Il protrarsi del sacrificio richiesto ai creditori procedenti in executivis, che di per sé non costituiscono una categoria privilegiata e immune dai danni causati dall’emergenza epidemiologica, avrebbe dovuto essere dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori esecutati, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi quali previsti, tra gli altri, in materia di riscossione esattoriale (art. 76, comma 1, lettera a, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito»).”

Gli effetti pratici della pronuncia della Corte Costituzionale.

Accertata, pertanto, sulla base delle considerazioni esposte, l’illegittimità costituzionale della (sola) seconda proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore, resta da chiedersi, quali saranno, in concreto, le conseguenze della pronuncia in esame.

Sul punto soccorre consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, a mente della quale: “Fuori delle ipotesi, aventi carattere di eccezionalità, in cui essa travolge tutti gli effetti degli atti compiuti in base alla norma illegittima, la dichiarazione di incostituzionalità (…) comporta la caducazione dei soli effetti non definitivi e, nei rapporti ancora in corso di svolgimento, anche degli effetti successivi alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, restando quindi fermi quegli effetti anteriori che, pur essendo riconducibili allo stesso rapporto non ancora esaurito, abbiano definitivamente conseguito, in tutto o in parte, la loro funzione costitutiva, estintiva, modificativa o traslativa di situazioni giuridicamente rilevanti (Cass. Civile, sez. III, 11 aprile 1975, n. 1384; Consiglio di Stato sez. VI, 20 novembre 1995, n. 1312; Cass. Civile, sez. III, 28 luglio 1997 n. 7057)”.

In altre parole, dunque, salvo casi eccezionali, una sentenza della Corte Costituzionale –che accerti la contrarietà di una data norma all’ordinamento giuridico italiano- statuisce soltanto per il futuro e non per il passato, facendo, pertanto, salvi i diritti acquisiti.

La norma in oggetto, dunque, (l’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, c.d. “Decreto Milleproroghe”) a seguito della pubblicazione della pronuncia della Consulta, dovrà essere disapplicata dal Giudice dell’esecuzione e ciò comporterà, inevitabilmente, l’immediata ripresa delle procedure sino ad ora sospese.

Naturalmente, osserva la Corte Costituzionale, nella parte conclusiva della parte motiva della sentenza: “(…) Resta ferma in capo al legislatore, ove l’evolversi dell’emergenza epidemiologica lo richieda, la possibilità di adottare le misure più idonee per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato, contemperando il diritto all’abitazione del debitore esecutato e la tutela giurisdizionale in executivis dei creditori procedenti.”

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Avv. Roberto Rizzo

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