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Prevenzione incendi in condominio tra responsabilità dell’amministratore di condominio e paradossi

Prevenzione incendi in condominio tra responsabilità dell’amministratore di condominio e paradossi

Si avvicinano le scadenze per ottemperare al DM del 25 gennaio 2019. Quale sarà il compito dell’amministratore di condominio?

Il DM 25/01/19, come ormai tutti sappiamo, introduce “4 livelli di prestazione” da LP0 a LP3 in base all’altezza antincendio dell’edificio a cui si riferisce.

Personalmente ho sempre trovato un paradosso, il fatto che sia stata emanato un DM che obbliga il solito e sfortunato responsabile dell’attività (in tal caso implicitamente coincidente con l’amministratore di condominio) a dover applicare quanto previsto dal DM anche per una “NON-attività” antincendio.

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Infatti, se da una parte per i livelli LP1-2-3, vengono richieste tutta una serie di prescrizioni/indicazioni per edifici già dotati di scia antincendio (o CPI che dir si voglia), nel caso dell’LP0 si chiede altrettanta attenzione (chiaramente con un minore carico di prescrizioni) per gli edifici che, a tutt’oggi, non rappresentano una attività antincendio ai sensi del DPR 151/11, che ha iniziato il percorso di radicale cambiamento nel campo della prevenzione incendi.

Infatti, il DPR 151/11, ha introdotto il concetto delle categorie delle attività (A-B-C) sulla base delle loro caratteristiche di pericolosità e di rischio, ma ha anche cambiato l’elenco delle attività soggette alla prevenzione incendi e, sostanzialmente, ha iniziato il percorso per il pre-pensionamento del vecchio CPI (a vantaggio dell’attuale SCIA antincendio), conclusosi poi nel  luglio 2017 (D Lgs 139 del 8/3/2016), quando è stato definitivamente pensionato il CPI.

L’evoluzione del mondo antincendio si è poi completamente concretizzato con il DM 3/08/15, che ha introdotto il cosiddetto “codice di prevenzioni incendi”, che rappresenta il vero cambio epocale nel mondo dell’antincendio, perché ci ha fatto passare da un approccio prescrizionale ad uno prestazionale e che chiude il quadro già avviato con la necessità della scia al posto del CPI.

In buona sostanza si è in tale modo passati da un provvedimento amministrativo di tipo autorizzativo, rilasciato dai comandi provinciali dei vigili del fuoco con il rilascio del CPI previa valutazione di un progetto, ad un regime di controlli “ex post” effettuati dai comandi provinciali, previa “autodenuncia” di una nuova attività fatta da parte del privato (il responsabile dell’attività) assieme ad un tecnico incaricato.

Chiaramente il cambio è sostanziale, migliorativo in termini di tempo ma altamente responsabilizzante dal punto di vista del rischio antincendio che viene valutato e deciso direttamente dall’accoppiata responsabile dell’attività/tecnico incaricato e poi analizzato (ma solo ad attività avviata) dai vigili del fuoco, a differenza di quanto avveniva ai tempi del CPI, quando le scelte venivano fatte adagiandosi alla normativa di tipo prescrizionale.

Di fatto, allo stato attuale, seppure entro i limiti imposti dalla norma, le scelte di tipo antincendio, ricadono tutte sul responsabile dell’attività e del suo tecnico di fiducia, liberando completamente dalla problematica della “valutazione del rischio antincendio” il legislatore.

Adesso a questo quadro generale si è aggiunta una nuova cornice, stabilita da quanto previsto dal DM 25/01/19 che va a modificare l’allegato del DM 246 del 16/5/87 relativo agli edifici per civile abitazione (da qui il nomignolo di norma dei condomini o norma delle facciate).

Questo decreto fa un ulteriore passo nella direzione della maggiore responsabilizzazione del privato, considerando che inizia recitando che  il responsabile dell’attività (in un primo momento era scritto esplicitamente amministratore di condominio) deve “IDENTIFICARE” le misure standard da attuare in caso di incendio……o ancora di dover esporre un foglio informativo riportante i DIVIETI E PRECAUZIONI DA OSSERVARE e che quindi fa diventare il responsabile dell’attività l’attore principale indiscusso del film antincendio in condominio.

I miei personali dubbi da tecnico/amministratore nascono fondamentalmente dal fatto che l’amministratore, in realtà, è responsabile (per tutte le altre cose legate al condominio) di quanto attiene le parti comuni e quindi vano scala, ascensore, ecc per gli edifici e corsia di manovra e rampa per le autorimesse, ma che i suoi poteri si fermano sullo zerbino di accesso alle unità immobiliari private, di cui, nella realtà, non sa quasi nulla…… però diventa artefice della gestione della sicurezza antincendio per tutti.

Io credo che, nel 99,99% dei casi, gli incendi “partano” dalle proprietà private e non dagli spazi comuni e quindi questa sarebbe già una prima notevole anomalia e poi l’intero edificio o attività non è perfettamente nota all’amministratore che invece dalla sua super-esperienza, deve essere in grado di identificare ed elencare tutte le attività e le precauzioni necessarie in caso di incendio.

Io temo che questo discenda dal fatto che sia stato accomunato il condominio e quindi l’edificio che lo costituisce, ad una qualunque altra attività (scuole, alberghi, uffici, palestre, ecc..) trascurando la enorme promiscuità e particolarità/complessità della realtà condominiale, in cui il responsabile dell’attività lo è in realtà solo di una minima parte dell’edificio  e per di più della parte più sicura dello stesso.

Faccio un esempio semplice, il dirigente scolastico, in primis, conosce alla perfezione ogni recondito angolino della sua scuola, e poi può pretendere dai sui dipendenti (passatemi il termine anche se in realtà sarebbe più complesso) di avere certi atteggiamenti, di attuare certe procedure e soprattutto di vietare quel che ritiene – assieme al suo RSPP o addetto alle emergenze – rischioso o pericoloso in termini antincendio e può (e viene fortunatamente realmente fatto)  fare delle prove di esodo periodiche per abituare gli utenti della scuola, responsabilizzandoli a partire dagli stessi bambini che vengono giustamente istruiti sui rischi e, inoltre, le maggiore parte delle attività ha anche una squadra antincendio “formata”, che sa usare ad esempio un estintore, che abbia nozioni di primo soccorso, ecc…

Io mi chiedo in tutto ciò come puà essere coinvolta realtà condominiale?  Probabilmente andrebbe istituita una categoria/attività specifica che possa cominciare a tenere conto della variegata complessità e promiscuità del condominio medio.

Non da ultimo approfitto dell’occasione per segnalare una cosa che è sfuggita a molti, inizialmente anche a me, dell’elenco delle attività soggette a prevenzione incendi, ossia la nascita dell’attività 73, formalmente corretta perché le situazioni che va a gestire erano effettivamente meritevoli di attenzione, ma che è stata assolutamente quasi nascosta nell’elenco e molti neanche si rendono conto di farne parte.

Purtroppo, non abbiamo tempo di affrontarla in queste pagine, ma invito tutti gli amministratori di condomini complessi con all’interno altre realtà (grandi supermercati, grandi parcheggi, altre attività collaterali in casi di spazi condivisi) perché probabilmente gestiscono un edificio che non rientra direttamente in nessuna attività antincendio classica (edificio, autorimessa, centrale termica, ecc….) ma potrebbe rientrare, dalla porta di sevizio, nell’attività 73.

©Riproduzione riservata

Ing. Corrado Verniani

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