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Quando la festa in condominio fa vibrare i solai degli appartamenti!

Quando la festa in condominio fa vibrare i solai degli appartamenti!

Cosa accade quando in condominio si tengono feste con schiamazzi, rumori e musica talmente alti da far vibrare i solai degli appartamenti del piano terra e da impedire di avere conversazioni normali o d'ascoltare la televisione?

Cosa accade quando in condominio si tengono feste che si protraggono per ore con schiamazzi, rumori e musica talmente alti da far vibrare i solai degli appartamenti del piano terra e da impedire di avere conversazioni normali o d’ascoltare la televisione?

Questa emblematica vicenda, sottoposta all’esame della Suprema Corte (Cass. pen., 17 marzo 2010, n. 18517), ha visto imputato un condomino il quale era solito, nell’unità immobiliare da lui condotta in locazione, organizzare almeno due volte a settimana feste e cerimonie religiose con numerosissime persone (almeno cento), disturbando il riposo e le occupazioni delle persone che abitavano nel condominio.

In occasione di un intervento delle forze dell’ordine, sollecitato da una condomina, era stato accertato che nel locale si celebrava una festa di matrimonio, con circa duecento o trecento persone che danzavano ascoltando musica ad altissimo volume, che si propagava sia all’esterno sia all’interno degli appartamenti dello stabile, superando il limite di tollerabilità.

A seguito delle condotte descritte, veniva contestato il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, di cui all’art. 659 c.p..

Questa contravvenzione persegue la finalità di preservare la quiete e la tranquillità pubblica e i correlativi diritti delle persone alla occupazione e al riposo; la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso di ritenere elemento essenziale di questo reato la idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, ancorché non tutte siano state poi in concreto disturbate (Cass. pen., 27 marzo 2014, n. 16678). È inoltre necessario che le emissioni sonore rumorose siano tali da travalicare i limiti della normale tollerabilità, in modo da recare pregiudizio alla tranquillità pubblica.

Nel caso di specie, veniva accertata sia la obiettiva intollerabilità delle emissioni sonore prodotte nel locale condotto in locazione dall’imputato in occasione delle feste o cerimonie da lui organizzate, sia la idoneità delle stesse a recare disturbo all’esterno e all’interno del condominio e dunque a recare offesa a un numero potenzialmente indeterminato di persone; tutto ciò sulla base non solo delle deposizioni degli abitanti dell’edificio, ma anche di quanto constatato dagli agenti operanti, che avevano riferito come rumori e suoni si diffondessero insopportabilmente all’interno e all’esterno dello stabile.

La responsabilità dell’imputato veniva affermata sulla base del fatto che a lui era intestato il contratto di locazione dell’immobile in cui si svolgevano le manifestazioni che davano causa al disturbo; che le manifestazioni (feste, cerimonie) risultavano da lui organizzate; che l’imputato era presente al momento in cui la polizia, intervenendo, aveva direttamente constatato la realizzazione del fatto contestato.

Non veniva dato rilievo alla circostanza che altri avessero materialmente prodotto i suoni, né al fatto che anche ad altre persone potesse essere riferita la locazione dell’immobile, sulla base dell’osservazione che l’esistenza di altre responsabilità concorrenti non sarebbe comunque stata sufficiente ad escludere l’attribuzione del fatto anche all’imputato, nella veste, per lo meno, di soggetto che aveva contribuito all’offesa ponendo a disposizione l’immobile e quale responsabile e organizzatore degli eventi.

Infatti, in altra occasione è stato affermato che può dar luogo a violazione dell’art. 659 c.p. anche la condotta del titolare o gestore di esercizio pubblico (attività di per sé non rumorosa) il quale non impedisca, per quanto possibile, schiamazzi e rumori provocati dagli avventori e suscettibili di recare disturbo al vicinato (Cass. pen., 28 marzo 2003, n. 16686).

Ed ancora, risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio (nella specie, una pizzeria) che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne. In questa occasione la Corte ha precisato che la qualità di titolare della gestione dell’esercizio pubblico comporta l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare (con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall’ordinamento come l’attuazione dello ius excludendi e il ricorso all’autorità) che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica (Cass. pen., 3 dicembre 2008, n. 48122).

Sotto il profilo civilistico, l’accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno ed alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza. Così è necessario che le immissioni sonore costituite da musica ad alto volume e altri schiamazzi, eccedenti la normale tollerabilità in orario serale e notturno, determinino una lesione, non futile, al diritto al riposo notturno (Cass. civ., 19 dicembre 2014, n. 26899).

Sotto il profilo penalistico, come già osservato, per la configurabilità della contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone è necessario che i rumori, gli schiamazzi e le altre fonti sonore indicate nella norma superino la normale tollerabilità ed abbiano, anche in relazione allo loro intensità, l’attitudine a propagarsi ed a disturbare un numero indeterminato di persone, e ciò a prescindere dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effettivamente disturbate; invero, trattandosi di reato di pericolo, è sufficiente che la condotta dell’agente abbia l’attitudine a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, ed è indifferente che la lesione del bene si sia in concreto verificata.

 

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Avv. Andrea Marostica

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