La recente Sentenza n. 1291/2020 del 07.07.2020 emessa dal Tribunale di Latina, ha deciso in merito alle richieste di risarcimento dei danni – patrimoniali, in forma specifica e non patrimoniali – avanzata da una coppia di condomini a seguito dello scoppio della tubazione condominiale di adduzione idrica, allocata sotto il pavimento della loro proprietà.
Il caso.I condomini danneggiati, dopo aver invano costituito in mora il condominio con la richiesta risarcitoria ed esperito il tentativo di mediazione, avevano adito il Tribunale con ricorso per accertamento tecnico preventivo (d’ora in poi ATP) per verificare e quantificare i danni subiti: in pendenza del procedimento, il Condominio, rimasto contumace, pattuiva con i ricorrenti il risarcimento loro spettante, senza però rispettarne le rate di pagamento e, pertanto, veniva espletata la consulenza tecnica di ufficio (d’ora in poi CTU) che accertava il nesso causale tra evento e danno patito e ne quantificava l’ammontare. Nel successivo giudizio di merito, i danneggiati chiedevano al Tribunale di condannare il condominio per i danni diretti e indiretti, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi, oltre al risarcimento del danno in forma specifica.
Costituendosi, il Condominio, contestava la domanda attorea nella quantificazione e nella tipologia dei danni di cui aveva richiesto il risarcimento e, relativamente a quello in forma specifica, si impegnava a incaricare una ditta edile per eliminare le soluzioni provvisorie adottate in seguito al sinistro.
La decisione. Il Tribunale ha accolto la domanda degli attori, confortata sia dalle risultanze della ATP, sia dalla condotta del Condominio, dal momento che la delibera assembleare con cui aveva deciso di risarcire i condomini danneggiati – salvo poi adempiervi solo parzialmente – era da considerarsi una vera e propria confessione stragiudiziale con efficacia di piena prova, come previsto dall’art. 2735 c.c. e dalla recente sentenza della Cassazione n. 12798 del 23 maggio 2018, secondo la quale: “una dichiarazione è qualificabile come confessione ove sussistano un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte, ed un elemento oggettivo, che si ha qualora dall’ammissione del fatto obiettivo, (…) derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e, al contempo, un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della dichiarazione“.
In ordine al risarcimento richiesto dagli attori, il Giudice adito, quanto alle voci di danno patrimoniale, ha riconosciuto: il risarcimento per i danni all’immobile come quantificati dal CTU in sede di ATP; il risarcimento per i danni al mobilio come quantificati dal Consulente Tecnico di parte, non essendovi stata contestazione da parte del Condominio convenuto; il rimborso dei costi per la procedura di mediazione, per il Consulente Tecnico di parte e delle spese relative alla consulenza tecnica esperita con l’ATP corrisposte al CTU; le spese del giudizio.
Ha altresì accolto la domanda attorea diretta ad ottenere il risarcimento del danno in forma specifica, condannando il Condominio convenuto ad eseguire gli interventi necessari al ripristino dell’immobile della parte attrice nelle condizioni precedenti al sinistro, per come accertato dalla CTU e per come ammesso dallo stesso Condominio nella comparsa di costituzione.
Non ha invece riconosciuto:
1) il rimborso dei compensi corrisposti al difensore nella fase dell’ATP, ritenendo che “l’attività posta in essere dal difensore in quell’ambito non possa essere oggetto di autonoma valutazione poiché necessariamente costituisce segmento, quale attività istruttoria, dell’attività esercitata nel successivo giudizio di merito (…). In caso contrario si perverrebbe ad una duplicazione di liquidazione di compensi per lo stesso titolo, cioè per la stessa attività istruttoria esercitata che sarà invece oggetto di liquidazione con la presente sentenza”;
2) i danni derivanti dal mancato godimento dell’immobile conseguenti all’allagamento, poiché “parte attrice non ha dimostrato di aver sostenuto costi per “ricorrere a soluzioni alloggiative alternative” producendo, ad esempio, fatture alberghiere o altri analoghi documenti di spesa”;
3) il risarcimento dei danni non patrimoniali, ritenendo che, malgrado i disagi e i fastidi certamente occorsi ai danneggiati, non sia sussistita la lesione di diritti inviolabili della persona di rilevanza costituzionale, non avendo gli attori “dimostrato in giudizio di aver patito sofferenza interiore o psicologica, patemi d’animo o turbamento psichico o pregiudizi per la propria dignità o integrità morale”.
Sul punto, peraltro, il Giudice ha fatto richiamo alla sentenza della Cassazione sezione 6 n. 29206 del 12.11.2019, che ha stabilito che “il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile a condizione che l’interesse leso abbia rilevanza costituzionale, che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, che il danno non sia futile, ovvero non consista in meri disagi o fastidi e che, infine, vi sia specifica allegazione del pregiudizio, non potendo assumersi la sussistenza del danno “in re ipsa”.
Si sottolinea, infine, che la lettura a contrario della pronuncia in oggetto suggerisce che, ove fosse fornita adeguata prova e fossero integrati i requisiti delle fattispecie di danno – escluse dalla decisione del Giudice nel caso in esame – potrebbero trovare ingresso anche ulteriori richieste di risarcimento dei danni derivanti dal mancato godimento dell’immobile e di quelli non patrimoniali.
Avv. Clara Lamanna
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