Se si distaccano calcinacci da un balcone, che cadendo feriscono un passante, chi è il responsabile? Quanto rileva la delega di funzioni conferita all’amministratore?
In una occasione (Cass. pen., 20 febbraio 2019, n. 7665) l’attenzione della giurisprudenza si è concentrata su questa vicenda, nella quale la responsabilità penale emergeva sia in capo ad un condomino sia in capo all’amministratore di condominio.
Anzitutto, i fatti. La proprietaria di una unità immobiliare situata in un edificio in condominio veniva condannata in primo grado per i reati di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina (art. 677 c.p.) e di lesioni personali colpose (art. 590 c.c.) perché aveva omesso di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo di crollo di calcinacci dal balcone di sua proprietà, calcinacci che effettivamente si distaccavano e colpivano alla testa un passante.
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La condanna veniva soltanto parzialmente riformata in secondo grado. La Corte d’appello affermava infatti che la condomina era titolare di una posizione di garanzia in virtù del rapporto di particolare prossimità con il bene, la cui tutela veniva ad esserle affidata attraverso l’imposizione dell’obbligo di agire e predisporre i lavori necessari per la rimozione del pericolo.
La proprietaria, svolgendo la propria difesa, affermava che fosse onere dell’amministratore di condominio, pur nominato soltanto oralmente, provvedere alla messa in sicurezza dello stabile, con conseguente esonero di responsabilità di lei.
Ma la Corte d’appello asseriva che:
- – la condomina era nelle condizioni concrete di rendersi conto dello stato di degrado dell’immobile di sua proprietà;
- – una delega di funzioni enunciata oralmente e priva di forma scritta non può considerarsi efficace e comunque non avrebbe esonerato l’imputata da responsabilità penale.
La proprietaria proponeva ricorso per Cassazione avverso il provvedimento di secondo grado, poiché riteneva del tutto efficace la delega conferita oralmente all’amministratore di condominio, sulla base dell’art. 1392 c.c., secondo cui la procura che conferisce il potere di rappresentanza può anche essere verbale o tacita; riteneva inoltre che l’amministratore avesse omesso di compiere ciò a cui era tenuto, ovvero la messa in sicurezza dell’edificio.
Prima di esaminare la risposta della Corte, occorre ricordare che l’omissione è la condotta penalmente rilevante più ricorrente per l’amministratore di condominio. Egli, infatti, a causa della natura stessa del suo ufficio, è per lo più chiamato a rispondere di ciò che non ha fatto pur avendone l’obbligo.
Mentre la responsabilità commissiva si fonda sulla violazione di una norma-divieto (al soggetto è vietato tenere un certo comportamento ed il rimprovero che gli viene mosso è di avere tenuto quel comportamento vietato), la responsabilità omissiva si fonda sulla violazione di una norma-comando (al soggetto è fatto obbligo di tenere un certo comportamento ed il rimprovero che gli viene mosso è di non averlo tenuto, cioè di averlo omesso). L’art. 40, co. 2, c.p. recita: “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo“. Vale a dire: esiste un soggetto che ha l’obbligo giuridico di impedire un evento e, poiché non lo impedisce, viene punito.
Tornando alla vicenda concreta, i giudici di legittimità hanno ritenuto che, se pure una delega era stata impartita (il che non risulta, non potendosi considerare efficace una delega di funzioni enunciata oralmente e priva di forma scritta), essa non sarebbe valsa ad esonerare la proprietaria da responsabilità.
La delega, infatti, costituisce nient’altro che una modalità di adempimento degli obblighi penalmente sanzionati, in forza della quale il delegante assume l’onere di controllare che il delegato adempia puntualmente ai compiti attribuitigli. Ne consegue che il delegante dovrà essere chiamato a rispondere dell’evento lesivo quando egli non sia intervenuto, potendolo fare, per garantire l’adempimento da parte del delegato degli obblighi, di cui rimane pur sempre titolare.
In definitiva, la condomina non veniva assolta, poiché, pur potendolo fare, non si era attivata nel modo più confacente per l’adempimento degli obblighi gravanti su di lei.
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