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Tamponi Covid dal medico di famiglia? Se lo studio è in un condominio, ci saranno battaglie legali

Tamponi Covid dal medico di famiglia? Se lo studio è in un condominio, ci saranno battaglie legali

Il presidente dell'Ordine dei medici di Milano prevede una "rivolta dei condomini". Occhio ai divieti contenuti nei regolamenti condominiali

Nelle pieghe delle tante disposizioni per contenere l’epidemia di Covid 19 c’è un ambito che rischia di rimanere in un chiaroscuro normativo che andrebbe evitato: la tutela dei condòmini che ospitano studi medici all’interno dei loro edifici.

All’indomani dell’accordo siglato tra i sindacati dei medici di famiglia, per poter effettuare tamponi rapidi medico di famiglia, la polemica non si è fatta attendere.

A lanciare l’allarme è Il presidente dell’Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, che prevede una sorta di “rivolta dei condomini”. Il motivo è prevedibile: in molti edifici condominiali ci sono degli ambulatori e studi medici ricavati da appartamenti preesistenti.

In un contesto come questo, dove il distanziamento sociale rimane la prima regola da rispettare, il Dott. Rossi fa notare spesso “gli spazi che sono all’interno degli studi dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta sono limitati. Ci vogliono spazi grandi per fare questa attività” di testing, “serve adeguato distanziamento. Vale lo stesso discorso dei vaccini”.

Quindi , o ci sono studi medici in sicurezza o ci saranno battaglie legali. Per far capire il clima che si vive a Milano, il Dott. Rossi, in una intervista rilasciata agli organi di stampa, dice di aver  ricevuto una diffida dal legale del condominio dove svolge la sua attività perché chi vive nel palazzo sostiene di aver incontrato un mio paziente senza mascherina.

Il livello di preoccupazione altissimo, dovuto soprattutto alla continua impennata dei contagi.

Secondo Rossi, è necessario prevedere spazi adeguati per svolgere i tamponi in completa sicurezza, perchè“saranno pochi i contesti in cui sarà possibile fare i tamponi rapidi in studio. Ovviamente saranno avvantaggiati tutti i condomini che hanno un accesso separato dall’ambulatorio, in alternativa tutti dovranno usare gli spazi di accesso comuni (androni, portoni, cortili).

In questo contesto, anche l’amministratore dovrà porre maggiore attenzione su come vengono utilizzati gli spazi comuni, magari apponendo una cartellonista ad hoc per evitare eventuali assembramenti.

Ma vi è anche un cavillo giuridico da risolvere. A porre l’attenzione su questa situazione è intervenuta anche Rossana De Angelis, presidente dell’Anaci Roma, che sulle colonne del quotidiano Messaggero ha precisato : «Non tutti gli studi hanno l’ingresso e l’uscita su strada. Ciò significa che i pazienti abitualmente usano gli spazi in comuni sfruttati dagli inquilini che vivono nel palazzo». Inoltre, tra le pieghe del regolamento condominiale si posso nascondere dei veri divieti. Per esempio, spesso la formula usata e la seguente: «è vietato destinare qualsiasi locale a uso sanitario, ambulatorio o gabinetto di cura per malattie infettive o contagiose». Il coronavirus rientra in questa fattispecie: è una malattia infettiva e contagiosa. In altri regolamento il concetto è sempre lo stesso ma declinato con parole diverse: «E’ vietato destinare qualsiasi unità residenziale ad uso di studio medico – anche privato – specializzato in malattie infettive o contagiose».

Molti sono i condomini, soprattutto quelli di recente costruzione, che ha contemplato nei regolamenti queste clausole perché una malattia infettiva solitamente è molto contagiosa e visitare dei potenziali infetti che transitano o sostano in zone comune potrebbe mettere a rischio residenti sani.

I diritti e i doveri del condòmino

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A cura della Redazione

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