“Nel ritenere che il consenso dei condomini possa essere espresso anche per iscritto e che lo svolgimento dell’assemblea condominiale possa avvenire in forma mista, da remoto e in presenza, con ciò favorendo i proprietari di seconde case, richiama la particolare rilevanza che la facilitazione introdotta dall’art. 5 bis del provvedimento in esame assume per le aree terremotate, dove la realizzazione degli interventi in materia edilizia è ancor più importante”.
Così è scritto nel testo licenziato dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati che dovrebbe essere approvato entro oggi, in vista della definitiva modifica dell’articolo 66 – sesto comma – delle disposizioni di attuazione del codice civile già “passata” in Senato con la quale si è abbassato il quorum necessario per consentire la partecipazione alle assemblee condominiali in modalità di videoconferenza, senza obbligo di ricorrere alla maggioranza qualificata del computo dei millesimi.
Dunque, a quanto sembrerebbe, finalmente si potrà convocare l’assemblea online se almeno la metà più uno dei proprietari, indipendentemente dal valore della proprietà stessa, chiedano all’amministratore di procedere in tal senso.
Durante i lavori della Commissione, infatti, si è finalmente chiarito che la raccolta del consenso precedente alla costituzione dell’assemblea è un atto prodromico alla costituzione dell’assemblea medesima, e pertanto nulla vieta che si proceda conteggiando il numero delle teste accantonando il valore dei millesimi.
Un punto di arrivo e una certezza per i gestori della cosa comune? Forse.
Con questa pandemia, sono almeno nove mesi che l’amministratore nostrano prende solo e soltanto botte da orbi. Prima gli sono state vietate le assemblee, poi ha dovuto applicare le “norme” dettate dalle Faq governative. Nel frattempo sono tornate in auge le teleassemblee, e mentre incalzava la richiesta popolare di agguantare il superbonus si specificava che per stare al monitor era necessaria l’unanimità.
Punto, a capo e ancora Faq, mentre il Senato è poi corso ai ripari dichiarando addirittura bastevole la maggioranza per alzata di mano indipendentemente dal valore della sua proprietà.
La cronaca di oggi, fortunatamente, ci allontana dalla pericolosa bruttura dei millesimi “dimenticati” su cui già la settimana scorsa ci eravamo espressi, e fa tornare a immaginare la libera scelta di ognuno di chiedere o negare la propria partecipazione all’assemblea televisiva.
E poiché chiedere è lecito, e rispondere è un preciso obbligo, gli amici amministratori dovranno imparare a convivere con le richieste “prodromiche” di innovazione, con le resistenze “arcaiche” di mantenimento delle presenze, e soprattutto con gli inevitabili regolamenti che dovranno contemperare le esigenze degli uni e degli altri.
Così, se ci si aspettava una norma ad hoc che chiarisse cosa e come cosa fare in tempo di Covid, ci troviamo invece di fronte ad un semplice e ineccepibile chiarimento che – in sostanza – affida agli amministratori lo sviluppo di un nuovo metodo di gestione atto a garantire l’esercizio di uguali diritti sia nei confronti degli innovatori sia nei confronti degli arcaici, tutti appassionatamente ad oggi sregolamentati eppure necessariamente consapevoli che si procederà – nella maggioranza dei casi – alle famose assemblee miste il cui funzionamento è davvero tutto da studiare, programmare e soprattutto capire.
Una sola domanda: a quando una norma chiara ed univoca che disciplini, nell’interesse di tutti, la concreta regolamentazione dello svolgimento delle assemblee miste e telematiche?
La legge, per ora, non prevede alcunché. E il problema, ancora una volta, si trasferisce sulle spalle degli amministratori.
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