Se il popolo degli amministratori condominiali si accingesse a riepilogare con severa obiettività i dati certi e le risultanze del consuntivo di fine anno, non potrebbe che prendere inevitabilmente atto del più sfacciato scaricabarile governativo consumatosi in epoca Covid.
Così, mentre circola trionfalmente la notizia dell’avvenuta “approvazione” della tanto auspicata legge sulle teleassemblee in condominio, finalmente licenziata dal Parlamento, si festeggia il raggiungimento della chimera ignorando l’oramai avvenuta spedizione del “pacco di Natale” all’indirizzo degli amministratori del Belpaese.
Primo. La maggioranza delle teste condominiali potrà formalizzare il proprio diritto di scegliere la modalità delle assemblee televisive. Come? Esclusa l’alzata di mano per via del rischio contagi, serviranno ore ed ore di telefonate, chiarimenti e moduli da approntare, inviare, ricevere e catalogare, il tutto – presumibilmente – senza alcun compenso aggiuntivo.
Secondo. La minoranza delle teste condominiali dovrà conoscere nei dettagli le possibili soluzioni tecnologiche alle innovative “richieste maggioritarie” e potrà così esprimere il proprio assenso o dissenso verso la novità, fatto salvo il suo diritto ad essere convocato come sempre in carne e ossa.
Assemblea mista? Ebbene si, con tutti i prevedibili “incidenti”, primo fra tutti il delicato lavoro di regolamentare – caso per caso, e condominio per condominio – il nuovo corso delle dispute fra presenti e virtuali. Compensi aggiuntivi per l’amministratore? Si, no, forse. Vedremo.
Terzo. La strada verso il progresso costa, e non tutti sono in grado di progredire. La legge che impone la proprietà di almeno un computer ancora non esiste, e molti hanno risorse appena sufficienti per andare a fare la spesa.
Ma…chi paga? Eppure partecipare all’assemblea condominiale da remoto è un diritto: chi fornirà il necessario device al proprietario che ne è sprovvisto, e che però vuole difendersi dal contagio standosene a casa? E soprattutto, chi pagherà lo strumento elettronico necessario alla partecipazione? Altro problema per gli amministratori, i quali si troveranno nella medesima condizione dei dirigenti scolastici: se per garantire l’istruzione da remoto si paga con i soldi della scuola, per garantire il diritto alla partecipazione condominiale virtuale chi pagherà?
Dicevamo che dopo il via libera del Parlamento alle teleassemblee si festeggia il raggiungimento della chimera. Una legge pronta in poco tempo, non c’è che dire, ottenuta anche e soprattutto grazie ai crescenti appetiti sviluppatisi al cospetto della ricca tavolata del Superbonus, presentato in tempo di carestia come una vera e propria manna dal cielo ed oggi – dopo pochissimi mesi – già sotto stretta osservazione per l’alto grado di indigeribilità dell’alimento.
E se – come pubblicato lo scorso 29 ottobre dall’editrice “Libricondominio” – il termine superbonus è stato uno dei più digitati nei motori di ricerca negli ultimi tre mesi, è davvero mortificante apprendere dalle statistiche che più di sei milioni di italiani hanno ammesso di non aver capito bene il funzionamento dell’agevolazione, e che la metà di essi hanno desistito dalla relativa richiesta a causa della enorme quantità di documenti necessaria.
Del resto, la manna non sembra destinata a durare per troppo tempo, e le bocche da sfamare sono tante. I finanziamenti – stando all’attualità – sono fermi al prossimo anno 2021, e nella legge finanziaria di prossima approvazione non sono previste voci di spesa riferibili all’incentivo in questione per un periodo successivo alla sua naturale scadenza.
Tanto rumore per nulla, potremmo dire. Anche se, come già sappiamo, resterà comunque il fatto che in tempo di Covid la politica ha offerto risorse economiche, leggi aggiornate e prospettive utili a un nuovo futuribile decollo.
Agli amministratori, adesso, il compito di pilotare l’aereo e prendere quota senza istruzioni e con il carburante in riserva.
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