La vicenda. Un condominio cita in giudizio l’ex amministratore accusandolo di aver utilizzato in maniera occulta le somme accantonate in un fondo destinato al ripristino delle facciate del fabbricato, creando, in particolare, un’indebita commistione con gli oneri per la gestione ordinaria.
Per tale motivo, il condominio chiede la rifusione del saldo negativo del fondo per un valore di circa 85.000,00 euro, oltre a un risarcimento del danno per 25.000,00 euro.
Il cessato amministratore si difende sostenendo di aver sempre puntualmente presentato all’assemblea la contabilità consuntiva e preventiva di gestione, ottenendone l’approvazione, e di avere comunque utilizzato le somme per pagare i fornitori in situazioni di emergenza, evitando in tal modo al condominio pregiudizi ben maggiori.
L’istituto. Per “fondo di accantonamento” – anche denominato “fondo speciale”, “fondo di riserva” o più comunemente “fondo cassa” – si intende una riserva di liquidità di cui si dota il condominio per consentire all’amministratore di far fronte con immediatezza a determinate esigenze di spesa.
Trattasi di una provvista ulteriore e diversa rispetto agli oneri “ordinari”, versata in forma episodica per esigenze diverse dal mero godimento e conservazione delle parti comuni, e dunque avente una specifica destinazione quale, come nel caso di specie, l’esecuzione di opere di straordinaria manutenzione ai sensi dell’articolo 1135, comma 1, numero 4 del Codice Civile.
Pertanto, una volta costituito, l’amministratore deve rispettarne la finalità decisa dall’assemblea dandone conto, all’esito dell’esercizio contabile di riferimento, nello stato patrimoniale, nel conto economico e nella nota esplicativa sintetica.
La sentenza. Il Tribunale capitolino, dopo un interessante compendio delle principali caratteristiche del fondo, rigetta la domanda attorea sulla scorta di un innovativo ragionamento (Tribunale di Roma, sentenza 16552/2020).
A fronte della distrazione delle somme accantonate, infatti, si possono delineare tre distinte ipotesi:
- l’assemblea può scegliere di sanare l’operato dell’amministratore, ossia «può egualmente ratificarla ex post (deliberando, cioè, anche soltanto implicitamente – mediante l’approvazione del consuntivo che ne dia conto – di fare proprio e accettare l’operato dell’amministratore che ha disposto per altri scopi condominiali degli importi esistenti nel fondo)»;
- ’amministratore può essere rimosso con voto dell’assemblea oppure su iniziativa dei singoli condomini, denunciando la grave irregolarità ai sensi dell’art. 1129 c.c.;
- qualora invece la carica da ’amministratore sia cessata, rimane «pur sempre esperibile, da parte del condominio, un’azione risarcitoria nei suoi confronti, ma a condizione tanto che la ratifica di cui sopra non vi sia stata quanto che il Condominio si offra di (e riesca a) provare il danno sofferto a causa della stessa».
Ciò premesso, nel caso in esame il Giudice osserva che il condominio «non è stato assolutamente in grado di dimostrare in cosa sia consistito il pregiudizio che giustificherebbe il preteso risarcimento», posto essere risultato incontestato l’impiego del denaro per finalità pur sempre condominiali.
E appare, altresì, poco convincente agli occhi del Tribunale il preteso occultamento delle supposte irregolarità: a fronte della prolungata impossibilità di procedere al rifacimento delle facciate, i reiterati storni dal fondo e l’impiego nella gestione ordinaria «non potevano sfuggire alla contabilità “ufficiale” approvata medio tempore (…) né, comunque, alla consapevolezza dei condòmini circa la provvista necessaria per far fronte alle spese comuni».
A tacere infine del fatto che «Quanto, poi, al rendiconto dell’intera gestione condominiale e al possesso della documentazione alla stessa inerente, l’infondatezza delle relative domande discende, con evidenza, dalle ricordate deliberazioni di approvazione della contabilità (che presuppongono quelle precedenti) e dal verbale di consegna in atti».
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